Il lato oscuro dell’amore: prevenire, soccorrere, ricordare, non solo il 25 novembre!

A cura di Artemisia Lab

Nei Paesi Occidentali e anche in Italia permane alto il numero dei reati contro le donne maturati per puro sessismo atavico.
Violenza domestica, abuso, intimidazione, ricatto economico, percosse, stalking, stupro, femminicidio, etc., sono forme di una sopraffazione le cui radici vetero-culturali tardano a cessare di condizionare il comportamento dei maschi. Uomini che “per lo più sono immaturi, vigliacchi, invidiosi della intrinseca forza che da sempre caratterizza le donne”: e queste non sono le parole di una femminista, bensì quanto nelle sue lezioni di Criminologia ripeteva Michele Di Nunzio (psichiatra e criminologo) sin dal 2002 in “LUMSA” di Roma.

A questo punto però va precisato che il compito dei mass media è saper dare voce al sentimento di riprovazione popolare che giustamente non tollera certi tipi di reato perché, per fortuna, ritenuti unanimemente vili e persistenti su basi pseudo culturali ormai obsolete, primitive. Giustamente non solo i femminicidi, ma ogni notizia di violenza contro le donne viene vissuta con allarme perché la nostra Società non tollera più questo genere di prepotenze che altro non sono che dimostrazioni della percezione di impotenza che alcuni uomini vivono nei confronti delle donne non essendo all’altezza di una relazione paritaria.
In questo contesto va ricordata e deve essere massimamente criticata e stigmatizzata la sentenza emessa nel 2021 per il reato di percosse contro la moglie commesso nel 2019 da un predicatore islamico, sentenza basata sul fatto che in quanto mussulmano apparteneva a una cultura in cui sarebbe lecito per il marito “battere la moglie”. Questo non è né ammissibile, né tollerabile all’interno di una Società paritaria e civilizzata su regole fondate sul reciproco rispetto. Sarebbe stato molto più opportuno ribadire che chi vive all’interno della nostra Società deve attenersi alle regole del contesto così come anche chi non è di fede islamica è comunque tenuto a togliersi le scarpe quando entra in una moschea.
Il contrasto alle azioni criminali deve essere sempre migliorato perché gli autori di reato sono cangianti così come usi e costumi di ogni Società. Pertanto, per arrivare al tramonto definitivo di crimini contro la persona particolarmente invisi e anacronistici quali quelli contro le donne è necessario tenere costantemente alta la guardia fino a quando questo odioso genere di reati sarà estinto. L’azione migliore contro tale tipologia di azioni delittuose è la Prevenzione, che sia però contestuale alla Protezione dalla condizione di rischio e pericolo (è imprescindibile per la Donna, per il potenziale aggressore e per la collettività la consapevolezza e la percezione di Sicurezza) ed alla adeguata Repressione. Infatti, per ottenere un andamento statistico positivo, cioè che volga all’eliminazione di reati siffatti, va ricordato che occorre un costante impegno dell’intera Società nella giusta direzione. In altre parole, va tenuto presente che, qualora si abbassasse la guardia, qualsiasi fenomeno delinquenziale potrebbe di nuovo risalire nelle nostre statistiche invece che diventare passato remoto come è giusto che sia.

Dal punto di vista dello psicologo e del criminologo clinico la prevenzione per questo genere di reati non è tanto nell’aumento della gravità delle pene, bensì nella efficienza (tempi brevissimi di disattivazione del reo) nella individuazione di chi è pericoloso, nella adeguatezza delle pene stesse e nella gestione immediata e appropriata del caso. Dal punto di vista del criminologo clinico non ha molto senso semplicemente mandare in galera un autore di violenza psicologica o di specifica violenza intimidatoria sulla moglie, fidanzata o compagna: sarebbe di gran lunga più costruttivo un percorso che preveda sia il contenimento del rischio, sia l’opportunità di riabilitazione e risocializzazione del soggetto instabile, inserendolo in apposite comunità di recupero in base alle tipologie di reato e, contestualmente, tenendo sotto costante ed attento controllo l’evoluzione della condizione psicologica ed i comportamenti. Poi, nella seconda parte della sua detenzione dovrebbe essere coinvolto in lavori socialmente utili proprio perché quel che lo ha indotto a commettere reati di tal genere è molto spesso la mancata sensibilità per comportamenti di tipo pro sociale: forse gli è mancato il senso di solidarietà, la capacità di empatizzare con la sua compagna, di saper ascoltare e rispettare il suo punto di vista: tutte competenze umane che di solito si acquisiscono in Famiglia, ma di cui ormai si deve sempre di più fare carico la Scuola sia perché è in aumento la analfabetizzazione emotiva nei genitori di oggi, sia perché la vita quotidiana è sempre più accelerata al punto da non consentire ai genitori di dedicarsi con le dovute attenzioni alla prole. Come possono una madre troppo stanca o un padre frustrato da un lavoro negletto mantenere a fine giornata quella necessaria serenità che assicuri la dovuta sensibilità nei confronti dei propri figli?
È ovvio che in certe condizioni non ci sono le premesse per quella attenzione che è indispensabile per la trasmissione dei processi di mentalizzazione valoriale. Cioè la famiglia tende ad abdicare alla trasmissione di quei valori che sono alla base della convivenza civile. E noi oggi non possiamo permettere che la collettività venga restituita a un ambiente in cui venga riproposto lo stile homo homini lupus! Una regressione sociale che non ci possiamo permettere.
Se si vuole che una Società progredisca permettendo ai suoi cittadini di vivere con maggiore serenità e benessere psicologico è necessario che tutte le agenzie sociali di maggiore rilevanza e incisività nella formazione dell’umano siano impegnate in maniera sinergica, in sintonia e cooperazione con le Istituzioni, a sostegno della trasmissione di valori fondativi del vivere civile quali il rispetto e la solidarietà, che sono prerequisiti ineludibili per una Società che voglia definirsi “civile”.

Per quanto concerne la capacità individuale di ogni singola donna di difendersi da persecutori, stalker e/o violenti di ogni genere bisogna entrare nel merito delle particolari dinamiche relazionali che si vanno a instaurare tra vittima e carnefice. Non a caso già nel 2004 Cupach e Spitzberg osservavano che: “entrambi i modelli di attività/reattività (carnefice/vittima) sono parte integrante dell’equazione della molestia relazionale” e aggiungevano: “nessun gioco di scacchi può essere pienamente compreso senza considerare le contromosse effettuate in risposta delle mosse”. Non a caso, il modo in cui una vittima risponderà al comportamento aggressivo (prepotenze, stalking, violenze, etc.) eserciterà un’influenza non indifferente sul decorso dell’interazione con l’aggressore. E per saper gestire certe difficoltà gli Esperti dei Centri Artemisia sono a disposizione delle Donne.

Tra i “Fattori di Protezione”, cioè tra i punti di forza, su cui può e dovrebbe contare una donna, ad esempio, si possono annoverare:

  1. La resilienza personale (grado di sopportazione che consente di attivare le giuste risorse per fronteggiare il problema),
  2. La prontezza nel chiedere aiuto sia a terzi (familiari, amici, parenti, etc.), sia alle Forze dell’Ordine e alle Agenzie deputate al soccorso anti-violenza (Associazioni, Centri Pubblici e di Privato Sociale, Sportelli di Ascolto, etc.),
  3. Autonomia economica (un lavoro proprio o comunque una fonte di reddito su cui poter contare indipendentemente dal persecutore),
  4. Meglio se dotata di una elevata scolarizzazione (anche se non sempre è una risorsa automaticamente “protettiva” essendo spendibile solo se supportata da un carattere capace di autostima),
  5. Adeguata autostima e tonico rispetto di se stessa,
  6. Stile di attaccamento emotivo/affettivo (qualora la vittima fosse caratterizzata dal cosiddetto stile “insicuro” avrebbe molte minori possibilità di cavarsela prima che sia troppo tardi rispetto a una personalità con stile emotivo/affettivo “sicuro” con più chance di sapersi proteggere dalla insidie di un prevaricatore).

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